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Che cos'è il linguaggio? Quali sono i limiti dell’intelletto umano (se esistono)? E qual è il bene comune per il quale dovremmo lottare? Sono questi i tre interrogativi che solcano il breve testo che Noam Chomsky dà alle stampe nel 2016 presso la Columbia University Press. Interrogativi che stanno dentro la stessa vita di un accademico impegnato da sempre in battaglie politiche e civili che lo hanno reso un’icona pop delle Geisteswissenschaften. Aspettarsi, in sole 174 pagine, una risposta organica ad interrogativi così densi è pretesa eccessiva. Tuttavia, nonostante il carattere erratico del lavoro, le diverse teorie che Chomsky passa in rassegna sono degne di nota.

 

Tra linguaggio e pensiero

 

Nei primi due capitoli affronta lo spinoso tema del rapporto tra linguaggio e pensiero. Tesi già note ai più ma che riporto brevemente. Per Chomsky la genesi del linguaggio resta avvolta in una coltre di mistero, e come Galileo anche Chomsky ritiene che la nascita del linguaggio sia stata un'impresa che supera «tutte le invenzioni stupende», persino quelle di «un Michelangelo, un Raffaello, un Tiziano» (Galileo [1632] 2002, p. 132). Gli ultimi studi paleontologici di Ian Tattersal suggeriscono che la nascita del linguaggio sia avvenuta tra i 50.000 e i 100.000 anni fa. Un intervallo di tempo molto breve nella prospettiva ampia della storia dell’uomo, come denota Yuval Noah Harari nel primo testo della sua trilogia sulla storia dell’umanità (Noah Harari 2014).

 

La questione del linguaggio

 

L’origine del linguaggio resta di difficile esplorazione, ma ciò non ha impedito lo sviluppo di diverse teorie linguistiche.

 

Secondo alcuni classici, come Saussure, la lingua è una riserva di immagini lessicali che risiede nella mente dei membri di una comunità, che «esiste solo in virtù d’una sorta di contratto stretto tra i membri di una comunità». Per Leonard Bloomfield, la lingua è un insieme di abitudini per reagire alle situazioni tramite suoni linguistici convenzionali e per rispondere a questi suoni con le azioni […] A sua volta, Edward Sapir ha definito la lingua «un metodo puramente umano e non istintivo per comunicare idee, emozioni e desideri attraverso un sistema di simboli volontariamente prodotti.

 

Tuttavia, Chomsky rifiuta queste tesi dal momento che ritiene che «il cambio di prospettiva verso la grammatica generativa, avvenuto a metà del Novecento nel quadro della biolinguistica, abbia aperto la strada a indagini di maggiore portata sia sul linguaggio in quanto tale sia sulle questioni a esso relative».

 

La versione di Chomsky

 

Chomsky distingue la I-lingua, intesa come «una proprietà biologica degli esseri umani, una sorta di sottocomponente del cervello», dalla E-lingua che è invece la esternalizzazione del linguaggio attraverso la comunicazione. In questo modo, attraverso questa netta divisione di respiro cartesiano, Chomsky introduce la sua nozione di Grammatica Universale di tutte le lingue, data da un’architettura del linguaggio, la cui indagine «fornisce buone ragioni per prendere sul serio la concezione tradizionale secondo la quale il linguaggio è essenzialmente uno strumento del pensiero». Chomsky rifiuta ogni tesi che veda nel linguaggio una sorta di finalismo per cui la lingua è intesa e studiata come mero strumento di comunicazione tra gli uomini. «Le lingue non sono utensili progettati dagli esseri umani, bensì oggetti biologici, come l’apparato visivo, il sistema immunitario o quello digerente».

 

Il terzo capitolo e il Chomsky politico

 

Sebbene non esenti da critiche, questi due capitoli ne aprono un terzo assai più animato dei primi due, dove emerge con chiarezza la prospettiva politica dell’autore. Dopo aver esaminato gli aspetti cognitivi della natura umana, Chomsky passa all’analisi dell’essere umano nel suo vivere in società. Chomsky parte da una considerazione a margine di un testo di J. S. Mill e denota come l’idea di democrazia in America sia stata declinata in una forma del tutto particolare. Ciò per via dell’aspetto plutocratico e non democratico di quest’ultima. Infatti, in linea con le idee del giurista britannico Conor Gearty, Chomsky definisce "neodemocrazia", compagna del neoliberismo, «il sistema in cui a godere della libertà sono in pochi e in cui la sicurezza nel senso più compiuto esiste solo per l’élite, anche se all'interno di un sistema più generalizzato di diritti formali». Come alcuni studi dimostrano (cfr. Gilens 2012; Bartels 2010), «circa il 70 per cento, al grado più basso della scala del patrimonio/reddito, non ha alcun influsso sulla politica. Se saliamo lungo la scala l’influenza aumenta lentamente e infine in cima troviamo quelli che determinano effettivamente la linea politica, con mezzi tutt'altro che oscuri». Esempio che Chomsky cita e che tuttora resta presente nell'opinione pubblica americana è quello dell’assistenza sanitaria. Il punto che l'autore intende qui ribadire è che ciò che è accettabile politicamente resta materia di una contrattazione che si svolge ai vertici della catena sociale e che le spinte dal basso restano destinate ad una lenta e logorante erosione.

 

L'equivoco interpretativo

 

Secondo Chomsky la stessa lettura di uno dei capisaldi del liberalismo classico, Adam Smith, è viziata da un'enfasi eccessiva sui benefici della divisione del lavoro e non ha tenuto in debito conto le problematicità che lo stesso autore rileva sulla questione. Nella Teoria dei sentimenti morali, Smith infatti, scrive: «Per quanto egoista si possa ritenere l’uomo, sono chiaramente presenti nella sua natura alcuni principi che lo rendono partecipe delle fortune altrui, e che rendono per lui necessaria l’altrui felicità, nonostante da essa egli non ottenga altro che il piacere di contemplarla». Il liberalismo classico di Smith è imbevuto di ideali illuministici che vengono spesso omessi nelle letture contemporanee. Per Chomsky «il liberalismo classico è naufragato sulle secche del capitalismo».

 

Quale strada per Chomsky?

 

Nella democrazia americana vi è una palese contraddizione legata alla persistenza di uno status di «subordinazione dei lavoratori ai padroni dell’economia, nonché l'assoggettamento di ogni individuo alla disciplina restrittiva e agli aspetti distruttivi del mercato». L'unica strada percorribile diventa pertanto quella dell’anarchismo libertario che «cerca di liberare il lavoro dallo sfruttamento economico» e la società dalla «tutela ecclesiastica o politica», aprendo in tal modo la strada a «un'alleanza di gruppi di uomini e donne liberi fondati sul lavoro cooperativo e un'amministrazione delle cose pianificata nell'interesse della comunità». Questa è per Chomsky l’eredità di Smith e del liberalismo classico che, molto prima di lui, Rudolf Rocker seppe fare propria. 

 

Puoi non essere d'accordo, ma non puoi non volergli bene

 

Il testo di Chomsky, pur rimanendo ricco di spunti di riflessione interessanti, manca di una compattezza tra le parti del testo, risultando nel complesso più un prezioso documento di scrittura erudita e denuncia sociale piuttosto che un puntuale lavoro di analisi. I toni avvincenti e sempre polemici dell’autore restano il filo conduttore di un testo che non si riesce mai a staccare dalla penna di chi lo scrive. Un testo che gioca la partita in attacco, come Chomsky fa sempre e rischiando a volte, come in questo caso, di tenere la difesa alta e farsi infilare dagli avversari. Una partita che, tuttavia, vale la pena di guardare. Buon Compleanno, Chomsky.

 

Nicola Riccardi

 

Chomsky, Noam [2016] (2017) Tre lezioni sull'uomo. Firenze: Ponte alle Grazie.

 

Bibliografia, riferimenti e suggerimenti di lettura

  • Bartels, Larry M. (2010) Unequal Democracy: The Political Economy of the Golden Age. Princeton: Princeton University Press.
  • Chomsky, Noam (2015) The Minimalist Program. Cambridge; London: MIT Press.
  • Chomsky, Noam; Foucault, Michel [1994] (2008) Della natura umana. Invariante biologico e potere politico. Roma: DeriveApprodi.
  • Galilei, Galileo [1632] (2002) Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. Torino: Einaudi.
  • Gilens, Martin (2012) Affluence and Influence: Economic Inequality and Political Power in America. New York: Princeton University Press. 
  • Harari, Yuval Noah (2014) Sapiens: da animali a dèi. Breve storia dell'umanità. Milano: Bompiani.
  • Smith, Adam [1759] (2013) Teoria dei sentimenti morali. Milano: BUR.

Pubblicato Thursday 14 May 2020

Modificato Saturday 16 May 2020





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