L'eccentrico. Filosofia della natura e antropologia in Helmuth Plessner
L'animale umano è un essere naturalmente storico. La proposizione può apparire semplice, addirittura banale. Eppure è sempre stato assai difficile muoversi sulla soglia che separa “natura” e “storia” per comprendere l'umano nel suo duplice, e tuttavia unitario, aspetto: il suo essere una unica specie animale, con le caratteristiche specie-specifiche che gli sono proprie dal Cro-Magnon in qua, da un lato; il suo vivere in una storia, in una quantità di contesti culturali che mostrano una variabilità sconcertante di possibilità di vita, dall'altro. L'essere una della natura umana appare di ardua composizione con la pluralità dei mondi umani. Non a caso Enzo Melandri, in un vecchio articolo, lamentava esattamente la difficoltà di pensare questa composizione: «La storicità dell'essere biologico è un concetto che nemmeno si può formulare» (Melandri 1968). In questo libro, Vallori Rasini compendia uno dei più fruttuosi tentativi, invece, di formulare il concetto di cui sopra. Oggetto del volume è infatti il lavoro di Helmuth Plessner.
Un libro sui presupposti essenziali
Il libro è, come da sottotitolo, una ricognizione della filosofia della natura e della antropologia di Plessner. Dunque, sia chiaro: non si tratta di una sintesi complessiva del pensiero plessneriano. Rimangono sostanzialmente esclusi dal volume gli aspetti relativi alla teoria dell'espressività (Accarino 2009), le indagini sul riso e il pianto (Rasini 2013), gli studi sul concetto di ruolo (Plessner [1948] 2007; Borsari 2007), nonché le ricerche di antropologia politica propriamente detta (Plessner [1924] 1997, [1931] 2006). Ma la fisionomia della filosofia di Plessner emerge in queste pagine nell'aspetto logicamente più primitivo, ovvero nella forma dei presupposti che tengono insieme l'impalcatura successiva della sua teoria dell'uomo.
Senza una filosofia della natura, nessuna antropologia
L'antropologia e la visione della storia plessneriane trovano insomma la propria chiave di lettura ultima in una filosofia della natura. E Plessner inizia il proprio percorso da lontano. Infatti, per arrivare a qualificare lo specifico della condizione in cui si trova naturalmente il sapiens, egli inizia cercando di definire il vivente in generale (il riferimento principale di Rasini è l'opera del 1928, I gradi dell'organico e l'uomo; Plessner [1928] 2006). Cos'è dunque a distinguere, anzitutto, il vivente dalla materia inanimata?
Vivente e non vivente
Iniziamo col dire che noi percepiamo le cose del mondo secondo una duplicità di aspetto (Doppelaspektivität): nell'oggetto noi vediamo un insieme di proprietà e contemporaneamente le distinguiamo dall'oggetto in quanto tale, dal “centro” cui le proprietà ineriscono. Per la nostra percezione del vivente in quanto fenomeno vale esattamente la stessa cosa, ma con la variabile importante che la duplicità di aspetto pare inerire a quest'ultimo in quanto sua proprietà essenziale, come suo carattere costitutivo. Il vivente non semplicemente gode di una duplicità di aspetto, bensì vive di essa, e sta in rapporto con essa in quanto totalità (Ganzheit; pp. 43-51). Vivere della duplicità di aspetto comporta il vivere di una certa relazione con il proprio interno e il proprio esterno, e, come dice Plessner, non semplicemente avere un limite fisico, ma realizzare il proprio limite.
Le forme organiche: forma aperta, forma chiusa
È il modo in cui un vivente realizza il proprio limite a costituire la base per la distinzione delle forme organiche: la forma aperta e la forma chiusa. La prima è propria della pianta, che non vive nettamente separata dall'ambiente esterno; la seconda è propria degli animali e certo dell'uomo, che invece rappresentano un elemento costitutivo e parzialmente autonomo del ciclo vitale (pp. 81-85).
Il concetto di posizionalità
È a questo punto che assume tutta la sua importanza, nell'analisi di Plessner, il concetto di posizionalità (Positionalität). Il filosofo la definisce come una posizione autonoma del vivente rispetto all'ambiente, cosa che manca alla materia inanimata e che la forma organica aperta possiede in grado infimo (p. 22). Il vivente di forma chiusa acquisisce invece una indipendenza posizionale, nel senso che assume una posizione particolare rispetto ai propri limiti articolando attivamente esterno e interno. Esso è «“in sé” come corpo oggettivo (Körper), come sistema di parti e nucleo, e “fuori di sé” come corporalità gestita (Leib)», ed è con ciò il centro posizionale che media tra queste due sfere della corporalità (p. 85).
La posizionalità centrica ed eccentrica
La posizionalità propria di una forma organica chiusa è detta da Plessner “centrica”. Posto al centro del proprio essere, l'animale si rapporta col suo fuori in maniera stabile e poco problematica. Le cose stanno diversamente per l'essere umano, la cui posizionalità è del tutto eccentrica. Questo grado del principio posizionale non ricongiunge i lati del dentro e del fuori, ma fomenta una frattura. L'uomo vive contemporaneamente al di qua e al di là di questa frattura, l'uomo è questa frattura (p. 98).
Frattura trascendentale
In altre parole, e prendendoci una certa libertà, potremmo dire che l'uomo è costitutivamente scisso in un Io-soggetto e in un Io-oggetto (situazione impostagli dall'autoriflessione dell'Io su di sé). Si tratta di una riformulazione in chiave antropologica di una impossibilità intellettuale che già aveva evidenziato Kant: laddove l'Io penso provi a pensarsi non si trova mai, perché ciò che trova è sempre un che di pensato (Kant [1787] 2004). Ma se questo porta Kant a sancire l'unità trascendentale dell'appercezione, l'approccio di Plessner lo conduce a tematizzare, attraverso il principio posizionale, un Io a priori che niente è se non una insanabile frattura tra l'Io come soggetto e l'Io come oggetto (p. 97).
Le tre leggi antropologiche
L'eccentricità dell'uomo è costitutiva, irrimediabile. È da essa che Plessner fa derivare le tre “leggi antropologiche” che colloca alla fine dell'opera, e di cui Rasini dà conto al capitolo VII. L'essere umano è un essere “naturalmente artificiale”, che vive in una condizione di “immediatezza mediata” con il reale e con se stesso, situandosi perennemente in una “localizzazione utopica” (sempre dentro e al contempo fuori di sé, sempre in un qui e contemporaneamente sempre in un altrove). È questa particolare ambivalenza, impossibile da ricomporre, che fa dei sapiens degli animali senza pace e costitutivamente sradicati (p. 115).
Mondo interno, mondo esterno e mondo comune
Al contempo, è sempre questa eccentricità ad aprire loro, accanto all'esperienza del mondo interno e del mondo esterno, quella del “mondo comune” (Mitwelt). Se la Mitwelt è una sfera relazionale ancora vaga e storicamente impregiudicata, è certamente essa che pone le condizioni di possibilità per il darsi di una assai più definita sfera pubblica intessuta di ruoli sociali (pp. 99-101). Potremmo dire che la precisazione storica della generica Mitwelt è la nostra unica chance di radicamento, di appaesamento. Ma si tratta sempre di un radicamento provvisorio; di una gestione dell'eccentricità, non di una sua messa a tacere.
Eccentrico è il nome di un essere biologicamente storico
È qui, a questo punto, che la biologia del sapiens si apre a ciò che ha statuto squisitamente artificiale. Infatti, se l'appartenenza dell'uomo alle tre dimensioni del mondo interno, esterno e comune e però mai a nessuna di esse in modo esclusivo lo rende un essere sradicato, un senza patria, questa stessa eccentricità fa sì che la nostra sia una specie storica (pp. 23, 114-115). Siamo con ciò messi di fronte a uno dei più importanti lasciti teorici plessneriani, a uno dei più perspicui tentativi di armonizzare le scienze della natura con quelle che venivano chiamate scienze dello spirito, e che oggi potremmo chiamare senz'altro scienze umane. “Eccentrico” è il nome di un essere biologicamente storico.
[Questo testo è una versione parzialmente modificata di una mia recensione uscita sul sito della rivista Scienza & Filosofia]
Rasini, Vallori (2013) L'eccentrico. Filosofia della natura e antropologia in Helmuth Plessner. Milano; Udine: Mimesis, pp. 155.
Bibliografia, riferimenti e suggerimenti di lettura
- Accarino, Bruno (a cura di) (2009) Espressività e stile. La filosofia dei sensi e dell'espressione in Helmuth Plessner. Milano; Udine: Mimesis.
- Borsari, Andrea (2007) El Tótem y el Oso Espadachín. Antropología filosófica de la imitación: Helmuth Plessner y Arnold Gehlen. Córdoba (RA): Universitas.
- Borsari, Andrea; Matteucci, Giovanni; Russo, Marco (2007) I gradi dell'organico e l'uomo di Helmuth Plessner. In «Iride», XX, n. 52, pp. 635-649.
- De Mul, Jos (2014) Plessner's Philosophical Anthropology. Perspectives and Prospects. Amsterdam: Amsterdam University Press.
- Genco, Francesco A. (a cura di) (2014) Intervista a Vallori Rasini, autrice del libro L'eccentrico. Filosofia della natura e antropologia in Helmuth Plessner. Pubblicata su rickdeckard.net.
- Kant, Immanuel [1787] (2004) Critica della ragion pura. Milano: Bompiani.
- Melandri, Enzo (1968) Zoón Politikón. Bolk e l'antropogenesi. In «Che fare», II, n. 3, pp. 48-54.
- Plessner, Helmuth [1924] (1997) I limiti della comunità. Per una critica del radicalismo sociale. A cura di Bruno Accarino. Bari: Laterza.
- [1928] (2006) I gradi dell'organico e l'uomo. Introduzione all'antropologia filosofica. A cura di Vallori Rasini. Torino: Bollati Boringhieri.
- [1931] (2006) Potere e natura umana. Per un'antropologia della visione storica del mondo. A cura di Bruno Accarino. Roma: Manifestolibri.
- [1948] Antropologia dell'attore. In Id. (2007) Studi di estesiologia. L'uomo, i sensi, il suono. A cura di Alessia Ruco. Bologna: CLUEB, pp. 77-90.
- (2010) Antropologia filosofica. A cura di Oreste Tolone. Brescia: Morcelliana.
- Rasini, Vallori (2010) Perché un'antropologia filosofica: le motivazioni di Helmuth Plessner. In «Etica & Politica», XII, 2, pp. 164-177.
- (2013) L'espressione non verbale: il riso e il pianto in Plessner. In «RIFL», vol. 7, n. 2, pp. 123-135.
- Russo, Marco (2000) La provincia dell'uomo. Studio su Helmuth Plessner e sul problema di un'antropologia filosofica. Napoli: La Città del Sole.
Pubblicato Sunday 12 January 2020
Modificato Saturday 18 January 2020