LiberCensor

We are led, by events and common sense, to one conclusion: The survival of liberty in our land increasingly depends on the success of liberty in other lands. The best hope for peace in our world is the expansion of freedom in all the world. 

 

Sono queste le parole scritte da Karl Rove, speechwriter e spin-doctor di George W. Bush, pronunciate il 20 gennaio 2004 dal riconfermato Presidente degli Stati Uniti D’America. Parole di una potenza disarmante, da cui dipendono le vite di migliaia di marines americani e di un gran numero di civili iracheni. La guerra e le sue ragioni. Tutte riconducibili a quell’idea per cui l’unico modo per essere davvero liberi in America è sciogliere le catene dell’oppressione ovunque esse siano nel mondo. L’importanza delle parole, delle storie e della loro proliferazione sul finire del secolo scorso. Tutto questo è al centro del lavoro di Christian Salmon, scrittore e membro del Centre de Recherches sur les Arts et le Langage (CNRS), che cerca di descriverne le evoluzioni, i cambiamenti, le conseguenze nell’ambito della comunicazione politica.

 

La logica del Clash

 

I grandi racconti del secolo scorso, quello americano ad ovest e quello sovietico ad est, tramontano inesorabilmente. Il primo tra le macerie dell’11 settembre, il secondo tra quelle del muro di Berlino. I grandi racconti collettivi spariscono e a nascere sono micronarrazioni, fatte di episodiche sequenze di racconto non sempre integrate fra loro, non sempre coerenti fra loro. Alla “fine della storia”, invano annunciata da Fukuyama, troviamo una serie di storie che percorrono le vite dei singoli, elevate a racconti attorno ai quali stringere la vita di intere comunità. Un’ illusione che dura poco. Perché dopo il trionfo di Barack Obama e della sua narrazione di uomo nero che nell’America delle possibilità riesce a raggiungere il vertice della piramide, ispirando un’intera generazione di giovani americani, arriva Trump. Il Tycoon rappresenta molto più di un Presidente eccentrico. Rappresenta la fine dello storytelling e l’inizio di un nuovo percorso narrativo. Quello dei clash. “Make America Great Again”, “Law and Order”, “China”, “Usa”. Sono queste le ultime uscite del presidente Trump su Twitter. Parole in maiuscolo, perentorie, urlate. Pezzi scomposti di un puzzle incapace di completarsi. Si è rotto il racconto, spezzato dentro la trama anomala e solitaria delle nostre vite. Come è stato possibile tutto questo? Qual è la cornice entro cui tutto ciò è potuto accadere? Salmon parla di spirale del discredito.

 

La spirale del discredito

 

Una governance senza sovranità, una democrazia senza discussione.

Sono questi i due elementi alla base di quella che Salmon definisce “la spirale del discredito”. Per Salmon, la politica di fine secolo, picconata dal neoliberismo inaugurato sul finire degli anni ’80 da Margaret Thatcher e Ronald Reagan, è oggi spazio sovrano incapace di esercitare la propria sovranità. La globalizzazione ha eroso lo spazio della politica e la deregulation è finita per abbattere definitivamente ogni sua velleità riformatrice. Il passaggio dallo statecraft, l’arte del governare, allo stagecraft, l’arte della messa in scena, è compiuto. Un giudizio severissimo che in parte non si può non condividere e che risalta il ruolo strategico dello storytelling politico, volto a riempire formalmente un vuoto di sostanza e che poi, conseguentemente, è finito per incubare il fenomeno Trump.

 

La Guerra dei Racconti

 

A partire dal terzo capitolo, per spiegare come l’arte del racconto abbia un’influenza decisiva nelle scelte politiche, Salmon ripercorre le vicende che videro protagonista, nel 2015, la Grecia, che dopo la larga vittoria elettorale di Alexis Tsipras, leader di Syriza, cominciò un lungo braccio di ferro con l’ormai tristemente celebre Troika relativamente alla politica di austerità che quest’ultima aveva imposto al Paese. Uno scontro che vide contrapposti il ministro dell’economia greco Varoufakis e il Ministro delle Finanze tedesche Schäuble e che Salmon racconta così:

 

Il duello Varoufakis-Schäuble minacciava di volgere a vantaggio del primo. Tutto li contrapponeva, lo stile, la “cultura” politica. L’erede di Helmut Kohl era il sopravvissuto di una generazione politica scomparsa ormai da tempo; il suo interlocutore greco, in primis professore d’economia, incarnava l’avvenire e si mostrava in pubblico con Barack Obama. L’inflessibile dottor Schäuble difendeva gli interessi nazionali della Germania, mentre Varoufakis parlava a nome dell’Europa (p. 96).

 

Ciò che Salmon vuole mettere in luce è che tutta la vicenda greca si trasforma in una vera e propria guerra del racconto, lontana dalla realtà e volta a demistificare completamente il merito della questione. Uno scenario nel quale la verità e la menzogna stanno sullo stesso piano. Dove chi meglio racconta, vince la partita. La parola è tradita.

 

Il groundzero del racconto

 

Questo è lo scenario in cui ci troviamo immersi.

 

Nell’era del clash, non ci sono più eroi che fanno la storia, né storie in senso proprio. Non ci sono più racconti capaci di ordinare gli avvenimenti in una narrazione che abbia un senso. Siamo entrati in un tempo che è al di fuori della narrazione. Perfino le breaking news, che obbedivano ancora alle leggi della tensione narrativa, quelle della suspense, della sorpresa, del colpo di scena, paiono sorpassate. Il tempo è «fuori dai cardini», dirà Amleto.

 

Un tempo folle quello in cui ci troviamo a vivere. Il tempo dell'impossibilità del racconto, quello che i greci chiamavano "anekdiegesis". Un tempo spezzato di adorniana memoria fatto di intervalli vuoti e paralizzati.

 

Non più la coerenza della narrazione, ma una sequela adiegetica di shock. Stavolta il tempo è veramente fuori dai cardini. L’unica cosa in grado di riunirci è il panico (p. 55).

 

Il testo di Salmon è uno di quelli che non lascia scampo ad evasioni. Un testo radicale che a partire da una lettura profonda delle interazioni tra economia e politica riconosce l’impotenza della seconda rispetto allo strapotere della prima con tutte le conseguenze sul piano della comunicazione che abbiamo visto. Sono tanti gli spunti interessanti del testo di Salmon, che spazia da riferimenti della più recente cronaca politica ai grandi romanzi che segnano la nostra contemporaneità come Generazione X di Coupland o Il Palazzo dei Sogni di Kadarè. Un testo spietato nella sua radicalità ma dotato di un’estrema capacità riflessiva.

 

Nicola Riccardi

 

Salmon, Christian (2019) Fake. Come la politica mondiale ha divorato se stessa. Roma; Bari: Laterza, pp. 203.

 

Bibliografia, riferimenti e suggerimenti di lettura

  • Coupland, Douglas [1991] (2002) Generazione X. Storie per una cultura accelerata. Milano: Mondadori.
  • Fukuyama, Francis [1992] (2020) La fine della storia e l'ultimo uomo. Torino: UTET.
  • Kadarè, Ismail [1981] (2010) Il Palazzo dei Sogni. Milano: Longanesi.
  • Salmon, Christian (2008) Storytelling. La fabbrica delle storie. Roma: Fazi.
    • (2014) La politica nell'era dello storytelling. Roma: Fazi.
  • Schmul, Robert (1990) Statecraft and Stagecraft: American Political LIfe in the Age of Personality. Paris: University of Notre Dame Press.
  • Varoufakis, Yanis (2017) Il minotauro globale. L'America, l'Europa e il futuro dell'economia globale. Trieste: Asterios.

Pubblicato Tuesday 23 June 2020

Modificato Thursday 15 October 2020





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