Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica
Cosa significa essere di destra? E, per converso, cosa comporta esser di sinistra? Su quale base, insomma, possiamo legittimare ancora una simile distinzione politica, distinzione che ha avuto un ruolo così importante per la storia degli ultimi due secoli? In questo libro Norberto Bobbio si prova a rispondere, inserendosi nel dibattito a lui contemporaneo. Ma trattare il problema porta molto oltre la questione in senso stretto, e abbraccia tematiche quali il rapporto tra eguaglianza e libertà.
Destra e sinistra, ancora
Il volume di Bobbio è, allo stesso tempo, un sunto dello stato del dibattito e una presa di posizione al suo interno. E questo, in un panorama di studiosi fintamente neutrali e ipocritamente ecumenici, è già cosa degna di nota. Dopo aver passato al vaglio i modi in cui la validità della distinzione tra destra e sinistra è stata contestata (i problemi da affrontare sono nuovi, la distinzione è vecchia e inutilizzabile; pp. 3-21), l'autore riparte da un dato di fatto ineludibile: si dica quel che si vuole, ma oggi come ieri gli schieramenti che si contendono il potere si qualificano spesso, essi stessi, come di destra o di sinistra. Ciò significa che la diade conserva ancora il suo potenziale politico, la sua capacità di smuovere gli individui all'azione.
Distinzioni teoriche
Ma siccome sarebbe del tutto illegittimo dedurre, a partire da una circostanza storica (la nostra, oggi), una generale validità a concetti (nomi come destra e sinistra), si impone a Bobbio una analisi di ordine teorico. Secondo quali tassonomie è possibile distinguere i principi pratici che guidano un'azione di governo come di destra o di sinistra? L'intero libro si configura come un tentativo teorico di tracciare una qualche linea, di stabilire dei nuovi criteri di distinzione, vuoi attraverso le etichette di "estremisti" e "moderati" (chissà poi rispetto a quale centro; pp. 23-34), vuoi attingendo ai concetti di "libertario" e "illibertario" (pp. 60-64). A dir la verità, fin qui non è Bobbio a prendere in prima persona la parola, bensì riporta (e vi si confronta criticamente) tesi altrui. Non è infatti l'unico ad essersi posto il problema della distinzione tra destra e sinistra.
Due concetti relativi
Prima di iniziare la pars destruens di questa recensione, una lancia in favore di Bobbio bisognerà pur che la spezzi, almeno per quel che riguarda un punto: il problema della distinzione tra destra e sinistra ci si impone con tutta forza in questi termini perché ci vien facile pensare, erroneamente, che questi termini designino delle entità reali. Ma, come giustamente scrive l'autore, i «concetti "destra" e "sinistra" non sono concetti assoluti. Sono concetti relativi. Non sono concetti sostantivi o ontologici. Non sono qualità intrinseche dell'universo politico. Sono luoghi dello "spazio politico". Rappresentano una determinata topologia politica, che non ha niente a che vedere con l'ontologia politica [...]. In altri termini, destra e sinistra non sono parole che designano contenuti fissati una volta per sempre. Possono designare diversi contenuti secondo i tempi e le situazioni» (p. 66).
Il vero obiettivo del libro
Verrebbe a questo punto, però, di chiedersi perché dunque tanta acribia nel tracciare una distinzione tra i due termini. Ma ci si accorge presto, procedendo con la lettura, che il punto d'onore dell'autore non sta nella riuscita di questa impresa. A lui interessa sancire l'associazione (relativa, s'intende) tra il concetto di sinistra e quello di eguaglianza, per poi prender parte per quest'ultima (di sinistra o non di sinistra che sia). E infatti gli ultimi due capitoletti del libro sono dedicati per intero a una faccenda di antica data, nella quale il termine "sinistra" non trova ipso facto un suo posto: il rapporto che vige tra eguaglianza e libertà (pp. 71-90). Lasciando da parte quei punti in cui Bobbio si lascia andare a conclusioni facilone (sia quando parla di Nietzsche quale "ispiratore del nazismo" che quando si avventura in considerazioni sull'eccessivo peso che la "sinistra" affida tradizionalmente al contesto storico-sociale; pp. 23, 75), sarà invece proprio sulle sue analisi circa il rapporto tra eguaglianza e libertà che si appunterà la mia critica.
Eguaglianza vs. libertà...
Ciò che a detta di Bobbio caratterizzerebbe un governo veramente di sinistra (o comunque il tipo di governo che sarebbe a lui gradito), è un insieme di due fattori programmatici: la ricerca dell'eguaglianza sociale da un lato, la liberalità dall'altro. Ciò che l'autore ha in testa è un governo benevolo che, mentre garantisce a tutti i cittadini una soglia minima si sussitenza, è capace di tutelare la libertà individuale di ciascuno. L'idea non è fuori luogo, se si pensa che svariati governi, nella storia del Novecento, hanno ricercato l'eguaglianza delle condizioni a prezzo della libertà individuale, tanto che non è nuova l'idea che la libertà stia in un rapporto antitetico con l'eguaglianza (Canfora 2004). Sembra che, stando così le cose, ci si debba rassegnare, nonostante le intenzioni di Bobbio, o a una società di eguali schiavi o ad una di liberi sottomessi a un potente sovrano. Non paiono risultati molto diversi. Ma c'è una parola che, sorprendentemente assente in questo volume, potrebbe essere capace di ribaltare la cornice fin qui tracciata: partecipazione.
...o governo centrale vs. partecipazione politica?
Lo stallo dell'analisi di Bobbio è tutto condensato in questa pesante assenza. L'autore immagina sempre il potere politico come un qualcosa che viene esercitato da un alto verso un basso. In questo modo, si trova a dover pensare un governo benigno che, non abusando della propria gloria e magnificenza, riesca a garantire eguaglianza e libertà a chi sta sotto. Ma il fatto che lo "stare sotto" sia la condizione essenziale tanto dell'illibertà quanto della diseguaglianza non pare sfiorarlo. Egli cerca il proprio modello in un governo centrale che offra garanzie, e non si avvede che è la stessa concezione centralista del potere a non poter offrire quelle garanzie (Levi 1945).
Uscire dall'impasse: libertà è partecipazione
È perciò necessario cambiare prospettiva, e anzitutto liberarsi di una concezione assai diffusa che vuole la libertà individuale essere un qualcosa di sganciato dalla partecipazione attiva alla vita politica. Si tratta di una convizione vecchia, risalente almeno a Benjamin Constant, che nel suo La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni scrive che la nostra libertà (dei moderni) «deve esser fatta del godimento pacifico dell’indipendenza privata» (Constant [1819] 2013, p. 15). Non, quindi, della partecipazione alla vita politica, di cui invece constava la libertà degli antichi. Ma proprio qui sta il nocciolo. La libera azione umana non può essere qualcosa di privato, così come non esiste un linguaggio privato o un modo privato di camminare (Wittgenstein [1953] 2014; de Martino [1977] 2002, p. 617; 2005, p. 128). Noi ci facciamo modualtori singolari di ogni stereotipia collettivamente istituita, e al di fuori di queste non possiamo agire (cfr. de Martino [1958] 2000; Simondon [1989] 2006). Libertà, dunque, è partecipazione alla continua rimodulazione collettiva di questi paradigmi di azione e di presa di parola (cfr. Virno 2005). È questo che, a partire da una base di eguaglianza partecipativa, può portare a una continua differenziazione (ineguaglianza, se si vuole) dei modi individuali d'essere. Il concetto di "libertà privata" non può reggere, ma Bobbio (ed è in buona compagnia) non se ne avvede. Ma è da qua che passa, se non la linea di demarcazione tra destra e sinistra, quella tra sottomissione e rivolta.
Bobbio, Norberto (1994) Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica. Roma: Donzelli, pp. 100.
Bibliografia, riferimenti e suggerimenti di lettura
- Canfora, Luciano (2004) La democrazia. Storia di un'ideologia. Roma; Bari: Laterza.
- Cofrancensco, Dino (2015) Destra e sinistra esistono, eccome!
- Constant, Benjamin [1819] (2013) La libertà degli antichi, paragonata a quella dei moderni. A cura di Giovanni Paoletti. Torino: Einaudi.
- De Martin, Ernesto [1958] (2000) Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria. Introduzione di Clara Gallini. Torino: Bollati Boringhieri.
- [1977] (2002) La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali. A cura di Clara Gallini e Marcello Massenzio. Torino: Einaudi.
- (2005) Scritti filosofici. A cura di Renato Pàstina. Napoli: Istituto Italiano per gli Studi Storici.
- Levi, Carlo (1945) Cristo si è fermato a Eboli. Torino: Einaudi.
- Simondon, Gilbert [1989] (2006) L'individuazione psichica e collettiva. A cura di Paolo Virno. Roma: DeriveApprodi.
- Virn, Paolo (2005) Motto di spirito e azione innovativa. Per una logica del cambiamento. Torino: Bollati Boringhieri.
- Wittgenstein, Ludwig [1953] (2014) Ricerche filosofiche. Trad. di Mario Trinchero. Torino: Einaudi.
Pubblicato Tuesday 30 January 2018
Modificato Tuesday 28 January 2020